Per il quinto anno consecutivo Massimo ci ha proposto una gita alle Alpi Orobie (le sue montagne), tra la Val Brembana e la Val Seriana e per la quinta volta ci ha fatto conoscere panorami, ambienti, geologia, flora eccezionali, inusuali e di rara bellezza.
Il denominatore comune è ovviamente la montagna, ma ogni anno viene proposta con caratterizzazioni differenti, passando dai laghi, alle rocce, alla via ferrata attorno a “La Presolana” , per arrivare quest’anno ai fiori. Sì ai fiori; alla grandiosità del paesaggio - offerto da montagne severe, di un abbagliante candore tipico delle rocce calcareo dolomitiche, perennemente sconvolte e modellate dalla prepotenza dell’erosione - si sono aggiunti infatti spettacolari fioriture di sorprendente bellezza che lasciano allibiti anche i più incalliti ed assidui frequentatori delle montagne. “La particolare ricchezza floristica di questo ambiente e' determinata, oltre che dalle specie Alpine più diffuse, dalla significativa presenza di numerosi endemismi insubrici e di alcuni esclusivamente Orobici che conferiscono prestigio e nobilta' alla Flora Alpina Brembana”.
Ma andiamo per ordine: l’inizio dell’escursione è prevista a La Plassa, località in comune di Zambla Alta, nell’alta Val Brembana, che il gruppo dei 30 partecipanti raggiunge in autobus. Massimo, durante il tragitto, fa gli onori di casa: illustra le località della valle che vengono via via attraversate; evidenzia le caratteristiche urbane e paesaggistiche, dà notizie sulle attività industriali, estrattive e turistiche, attive e dismesse, fa notare la vitalità dei paesi di montagna che, a differenza di quelli di altre vallate alpine, sono stati rioccupati dagli emigranti che hanno ripreso e stabilizzato il filo della loro vita nella terra di origine.
A La Plassa il bus si ferma proprio a ridosso di una mastodontica costruzione residenziale degli anni ’60, un vero e proprio “ecomostro”, retaggio e testimone, - assieme ad impianti di risalita mai utilizzati, incontrati in precedenza e che troveremo anche in prossimità del rifugio - della follia speculativa e distruttiva dell’ambiente, di quell’epoca.
Si inizia a camminare nel bosco; il terreno è umido, la vegetazione intensa; i primi fiori che incontriamo sono tipici delle zone calcaree tra cui gli hellebori (ormai sfioriti) e i ciclamini di ogni tonalità; anche i maggiociondoli sono in parte ancora fioriti. Matilde, per non smentire la sua fama di grande cercatrice, trova anche qualche fungo e Lucia fa altrettanto, per non essere da meno. Ci sorprende un improvviso ed intenso acquazzone, fortunatamente in prossimità del tetto di un baitone; dura poco, il tempo di bagnare mantelle ed ombrellini che asciugheranno ben presto con il repentino ritorno del sole.
Raggiungiamo una malga, dove facciamo conoscenza del pastore, dei suoi numerosi animali, tra cui i cani e una numerosa, allegra e bizzarra cucciolata, con cui il nostro Franco riesce ad intavolare una cordiale conversazione, malgrado la scritta su un cartello dipinga il pastore scorbutico e di cattivo carattere.
Il Rifugio Capanna 2000 è ormai prossimo e vi arriviamo in poco più di mezz’ora: è bello, accogliente e molto frequentato, data la vicinanza del parcheggio a poco più di mezz’ora di percorso a piedi e servito da una gippabile. E’ collocato in posizione dominante la valle con alle spalle l’austero e imponente monte Arera, (la nostra meta del giorno seguente) a quell’ora illuminato dal sole ormai al tramonto. E’ un nido tra i monti, custodito da gestori ospitali e molto preparati anche nell’offrirci un’ottima cena.
La sera in rifugio offre i soliti ingredienti: cordiale amicizia, buonumore, chiacchiere ed allegria; sono momenti magici che si vorrebbe non finissero mai, ma che fortunatamente, si ripetono ad ogni occasione, lasciando lontani e all’esterno pensieri negativi e affanni quotidiani.
Il mattino, puntuali come soldatini, dopo la corroborante colazione, siamo tutti all’esterno del rifugio ad attendere il segnale di partenza dal nostro Massimo. Si formano due gruppi: quello che raggiungerà il Monte Arera e poi, per crinale e lunga traversata su ghiaioni, ritornerà al rifugio e quello che percorrerà il “sentiero dei fiori”. Foto di gruppo e poi il via; il primo incontro floreale, sul prato da cui inizia il percorso, è con le stelle alpine: tante, piccole, nane, ma sempre straordinariamente belle; non siamo più abituati a vederne così tante tutte assieme, fanno tenerezza! Il tempo non è bellissimo, la cima è incappucciata.
Il sentiero si verticalizza e si inerpica per rocce bianche, sfasciumi e ghiaia, per poi declinare a destra fino ad un intaglio in un umido canalone da cui, su una breve scala di ferro, si raggiunge un crinale che porta alla vetta. Il percorso non è difficile, ma comunque sempre presidiato, nei punti con qualche criticità, dai nostri accompagnatori (Massimo, Franco, Gianni, con Marco) che con le loro mani forti e possenti, danno sicurezza materiale e morale; dei veri angeli custodi.
La vetta! La croce. Strette di mano, abbracci, cordialità, amicizia, commozione, emozioni. E’ così da sempre, è la magia della vetta, è una specie di rito liberatorio o propiziatorio, è bello, ci si sente uniti, si esprimono i propri sentimenti anche solo con dei gesti, degli sguardi, dei sorrisi, anche senza parlare, è la montagna che parla, è il creato che ci attanaglia nella sua maestosa grandezza, è la vicinanza del cielo, è l’anima che si esprime.
La nebbia va e viene, lasciando intravvedere la valle, là, sotto, a mille e più metri sotto i tuoi piedi, il vuoto e prima del vuoto le sculture terribili che gli elementi hanno scolpito nelle rocce intagliate da ripidi canaloni di ghiaia compatta, scura e bianca, caverne, spirali, cippi, intagli che scatenano emozioni e fantasie.
Massimo ci indica la via di discesa: si deve raggiungere una vetta gemella adiacente a quella principale e poi scendere per cresta e quindi rientrare per un lungo traverso al rifugio.
Ci incamminiamo, muovendoci con attenzione; il terreno pietroso deve essere affrontato con prudenza; ma c’è il fattore fiori che incanta. E’ un continuo susseguirsi di ogni specie botanica, disposta in maniera monocromatica, dalle distese dei gialli, a quelle dei viola, degli azzurri, dei blu, dei rossi, dei rosa,degli arancioni, dei bianchi; una tavolozza di colori allestita da un grande pittore. Impressionante è la quantità di Anemone narcissiflora, disposto a candidi mazzetti sui prati in spazi immensi. Gli scatti fotografici non si contano, come pure le espressioni di stupore, di meraviglia. Mai visto nulla di simile. Qualcuno non si trattiene e si butta tra i bianchi anemoni per farsi fotografare “fiore tra i fiori”. C’è di tutto: dalle saxifraghe, alle genziane, dalle campanule, ai raponzoli, alle orchidee, ai salici nani, ai rododendri, ai gigli, alle parnassie, ai cardi, alle negritelle, ai papaveri, ecc. ecc. E’ veramente un peccato non conoscere il nome di ciascuno.
E anche al pomeriggio, lasciato il rifugio per ritornare, per altra via che chiude l’anello, al bus, gli incontri di altre specie botaniche sconosciute illuminano la vista: è un vivaio di fiori di viola intenso , dall’alto fusto che svettano per distese di prati.
La giornata non termina con la camminata, c’è un finale gastronomico di grande pregio, molto apprezzato. Massimo ha voluto anche quest’anno farci gustare i sapori tipici delle terre bergamasche, in un raffinato ristorante di Zolda, il suo paese natale ed infatti si unisce a noi anche la sua simpatica e allegra mammina.
Sulla strada del rientro il Presidente Franco Rossi raccoglie le impressioni degli escursionisti dei due itinerari: “bella gita”, “posto interessante”, “montagne da urlo”, “fiori da meraviglia”, “organizzazione perfetta”, “accompagnatori bravissimi”, “giornata difficilmente dimenticabile”, “assistenza giusta ai posti giusti”…..
Grazie Massimo per averci condotti per le vie del paradiso.