Il ventaglio delle escursioni a piedi programmate dal CAI Verbano è stato aperto, secondo la tradizione, dal classico giro ad anello di esplorazione del territorio locale. Il nome “ Sette Campanili” sottende varie opportunità di fruizione di aspetti gradevoli, interessanti, curiosi del paesaggio dell’entroterra verbanese, ingiustamente sottovalutati e comunemente ignorati.
Già al momento della partenza, a Suna, quando al folto numero di partecipanti “indigeni” si sono aggiunti parecchi iscritti ad altri CAI, intervenuti perché desiderosi di poter anch’essi, almeno per un giorno, “vivere qui”, si è evidenziata la corrispondenza tra domanda e offerta, requisito inequivocabile di successo per ogni iniziativa.
Erano ampiamente rappresentate tutte le face di età: da quella junior con ragazze e ragazzi vispi e scalpitanti nonostante l’ora antelucana, a quella senior con alcuni campioni esentati dagli effetti dell’ineluttabile avanzare della vecchiaia, a quella della mezza età, non in unanime e perfetta forma ma presente e intenzionata a seguire l’esempio del Presidente, circondato di solidale sostegno.
Paese dopo paese, la fila è diventata una fiumana di gente, con sembianze da grande raduno, tanto che è stato conteggiato quasi un centinaio di persone.
La giornata, inizialmente scialba, a causa di un piatto grigiore sopra il Lago fumoso, di una luce incerta nonostante il pallido sole, ha ben presto acquistato vita, con scalpiccio di piedi entro piazzette e porticati, con sbatacchiare di persiane tra muri di gelsomini, con macchie di colore sugli arbusti dei giardini.
Salendo a Cavandone, nell’atmosfera primaverile creata dalle camelie in fiore, dal profumo del calicanto, dalle aiuole bordate di narcisi, si è concretizzato il noto auspicio della Candelora come ricorrenza ormai post invernale, non smentito neppure in seguito, infatti nel bosco ci siamo imbattuti in cespi di primule, in uno stillicidio di pervinche, in cascate di gattici pendenti dai noccioli.
L’incontro con il monumentale tasso dal tronco intrecciato e annodato su se stesso, che da quattro secoli vigila sulla vicina Chiesa della Natività, ci ha introdotti nel filone tematico dell’escursione, pensata e organizzata per condurre alla scoperta dei segni devozionali del territorio e della loro importanza come espressioni di fede religiosa, come manufatti di valore storico-artistico, come testimonianze di cultura contadina.
Con in sottofondo il festoso scampanio proveniente ora dall’uno ora dall’altro dei Sette campanili, in fervida attività nella mattinata domenicale, abbiamo sostato davanti a chiesette, quella del Rimedio o del Patrocinio, costruite per sottolineare particolari momenti dell’esistenza, abbiamo percorso viottoli fiancheggiati da edicole e da piccoli oratori commemorativi di eventi spesso drammatici, come guerre e pestilenze, abbiamo raggiunto il luogo di culto più antico e più significativo per la cristianità locale il santuario di Inoca ove si venera la Patrona del Parco Valgrande, abbiamo ammirato l’elemento clou dell’itinerario. La Cappella del Gasc, edificata a presidio di una zona di pascolo comune definita protetta dagli Statuti del Seicento, deteriorata dalle intemperie e dal degrado, è stata riportata al primitivo splendore con un sapiente ed efficace lavoro di restauro, che abbiamo avuto modo di conoscere nei dettagli dalla viva voce dell’architetto responsabile del rifacimento, intervenuto per farci cogliere ed apprezzare i pregi della sua opera.
Cammin facendo non sono mancati i momenti di amicizia e di convivialità. A Bieno, a Rovegro, a Cossogno è stato naturale rompere le righe per salutare e integrare i nuovi arrivati, per beneficiare della calorosa accoglienza di Rachele, sempre premurosa, discreta, puntuale, per consumare in allegria un lauto pranzo al Circolo, o un più frugale pasto al sole.
La scelta di proporre una camminata sui sentieri è stata fedelmente rispettata. Anche le ultime tappe dell’escursione si sono svolte in ambiente naturale, sulle mulattiere agevoli che anticamente fungevano da vie di collegamento tra i paesi, da Unchio a Trobaso e da qui fino a Verbania.
In questo piccolo mondo così lontano eppure così vicino all’asfalto, al traffico, al caotico andirivieni della città si è concluso il nostro viaggio.
Non mancheremo all’appuntamento del prossimo anno!
Maria