Sabato 21 - da Bassano del Grappa, per la strada Cadorna, in bus fino alla Locanda Forcelletto, da qui a piedi con le Guide dell'Altopiano di Asiago, al Rifugio Bocchette, Cà Tasson, Croce dei Lebi, Cima Grappa (1775 m); visita della galleria Vittorio Emanuele III e del Sacrario; rientro al Forcelletto.
Difficoltà E - dislivello 550 m ca. - tempo di percorrenza 5 h.
Domenica 22 - da Valstagna nel canale del Brenta a Sasso di Asiago per la Calà del Sasso: percorso formato da 4444 gradini, che collega i due comuni di Valstagna alla frazione Sasso di Asiago nell'Altopiano dei Sette Comuni; visita al “Museo dei Tre Monti” che racchiude residui bellici della Prima Guerra Mondiale e da qui salita al monumento a Roberto Sarfatti, Medaglia d'oro del 6° Alpini. Il monumento sorge sul Col d'Ecchele, unica opera in Italia al di fuori dalla Lombardia dell'architetto comasco Giuseppe Terragni, è stato fatto erigere dalla mamma Margherita Sarfatti nel 1935, a ricordo del figlio diciassettenne volontario nella Prima Guerra Mondiale, lì caduto da eroe.
Difficoltà E - dislivello 744 m + 200 m ca. al Col d'Ecchele - tempo di percorrenza 4 h ca. - lunghezza Km 10 ca.
Trasferimento in bus ad Asiago e visita al Sacrario.
Carta escursionistica Tabacco scala 1:25000 foglio 51
Che il Monte Grappa fosse un posto speciale lo abbiamo capito subito, ai primi tornanti della strada Cadorna che sale ripida a superare i quasi 1500 metri di dislivello, dapprima a picco sulla città e la pianura Vicentina e poi tra boschi, ampie dorsali prative, cimeli della grande guerra, caverne, indicazioni di trincee, reperti,ecc. Un posto speciale, per le caratteristiche naturali e paesaggistiche di tutto rilievo (stupefacenti le fioriture di orchidee di ogni specie e colore) e per gli eventi bellici che dal novembre 1917 all'ottobre 1918 si sono succeduti e che hanno segnato la nostra epoca storica.
L'escursione, ad anello, è entrata nel cuore di tali accadimenti, percorrendo strade militari, visitando postazioni, trincee, gallerie, ascoltando la narrazione, da parte delle nostre due brave guide, dei combattimenti succedutisi nelle diverse località che man mano si andava a toccare.
Ai piedi dell'imponente Sacrario che custodisce le spoglie di tanti, troppi giovani (per la gran parte ignoti) dove lo sguardo accarezza la natura nella dolce pienezza della primavera, percependone quasi un monito di tregua, di pace, sostiamo, ricordiamo, preghiamo, facciamo silenzio, lasciando spazio alla commozione, alla tristezza, alla speranza.
Le aspettative per i 4444 gradini della Calà del Sasso sono elevate e non vengono tradite. E' proprio come la descrive Paolo Rumiz ”È lunga come il purgatorio, scura come il temporale, la scala che ti porta …... lassù, sull'Altopiano di Asiago. Quattromilaquattrocentoquarantaquattro gradini, ripidi da bestie, faticosi già a nominarli …...” . Ma è stato bella percorrerla come è stato interessante ascoltare le molte storie raccontateci dalle nostre guide, la successiva salita al Col d'Ecchele con il monumento a Roberto Sarfatti e la visita al Museo dei Tre Monti allestito a Sasso, con tanti residui bellici, compresa una struggente lettera scritta dal fronte dal giovane Ten. Adolfo Ferrero ai propri genitori e che ritroveremo in originale ad Asiago al grande Sacrario (trascritta qui di seguito).
Lasciamo la splendida conca di Asiago, come dipinta su una serie infinita di colli e di monti, con negli occhi il verde esplosivo dei prati, avvalorato dal giallo splendente del tarassaco e dal rosso dei papaveri, in contrasto con quello più intenso dei boschi, colore, il verde, che richiama a sentimenti di pacatezza, di serenità …..
"Cari genitori,
scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia bisogno di farvelo pervenire. Non ne posso fare a meno. Il pericolo è grave, imminente. Avrei rimorso se non dedicassi a voi questi istanti di libertà, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che odio la retorica... No, no, non è retorica quella che sto facendo. Sento in me la vita che reclama la sua parte di sole; sento le mie ore contate, presagisco una morte gloriosa, ma orrenda.
Fra cinque ore qui sarà un inferno. Fremerà la terra, s’oscurerà il cielo, una densa caligine coprirà ogni cosa e rombi e boati risuoneranno fra questi monti, cupi come le esplosioni che in questo istante medesimo sento in lontananza. Il cielo si è fatto nuvoloso: piove. Vorrei dirvi tante cose... tante.... ma Voi ve l’immaginate. Vi amo tutti, tutti....
Darei un tesoro per potervi rivedere... Ma non posso... Il mio cieco destino non vuole. Penso in queste ultime ore di calma apparente, a te, Papà, a te, Mamma, che occupate il primo posto nel mio cuore; a te, Beppe, fanciullo innocente, a te, Nina...
Che debbo dire? Mi manca la parola: un cozzar di idee, una ridda di lieti e di tristi fantasmi, un presentimento atroce mi tolgono l’espressione... No, No, non è paura. Io non ho paura! Mi sento commosso, pensando a Voi, a quanto lascio, ma so di mostrarmi forte dinanzi ai miei soldati, calmo e sorridente. Del resto anch’essi hanno un morale elevatissimo.
Quando riceverete questo scritto, fattovi recapitare da un’anima buona, non piangete. Siate forti come avrò saputo esserlo io. Un figlio morto in guerra non è mai morto. Il mio nome resti scolpito nell’animo dei miei fratelli; il mio abito militare, la mia fidata pistola (se vi verrà recapitata), gelosamente conservati, stiano a testimonianza della mia fine gloriosa.
E se per ventura mi sarò guadagnata una medaglia, resti quella a Giuseppe. O genitori, parlate, parlate, fra qualche anno, quando saranno in grado di capirvi, ai miei fratellini, di me, morto a vent’anni per la Patria. Parlate loro do me; sforzatevi di risvegliare in loro il ricordo di me...
Che è doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi... Fra dieci, vent’anni forse non sapranno più d’avermi avuto fratello... A voi mi rivolgo. Perdono, perdono vi chiedo, se vi ho fatto soffrire, se v’ho dato dispiaceri.
Credetelo, non fu per malizia. la mia inesperta giovinezza vi ha fatto sopportare degli affanni: vi prego di volermi perdonare...
Spoglio di questa vita terrena andrò a godere di quel bene che credo di essermi meritato. A voi, Babbo e Mamma, un bacio, un bacio solo che dica tutto il mo affetto. A Beppe, a Nina un altro ed un monito: ricordatevi di vostro fratello. Sacra è la religione dei morti. Siate buoni. Il mio spirito sarà con voi sempre. A Voi lascio ogni mia sostanza. É poca cosa. Voglio però che sia da Voi gelosamente conservata.
A Mamma, a Papà lascio... il mio affetto immenso. É il ricordo più stimabile che posso loro lasciare. Alla zia Eugenia, il Crocefisso d’argento; al mio zio Giulio, la mia Madonnina d’oro. La porterà certamente. La mia divisa a Beppe, come le armi e le robe mie. Il portafoglio (L. 100) lo lascio all’attendente.
Un bacio ardente d’affetto dal vostro aff.mo Adolfo"
La lettera originale di Adolfo Ferrero è esposta nel piccolo Museo della Grande Guerra, all’interno del Sacrario Militare di Asiago.