Sabato 11 luglio 2009
Nel primo pomeriggio di sabato, dopo aver ottimizzato l’occupazione delle auto, dal luogo di ritrovo a Verbania - Suna ci siamo diretti verso l’alta Val Formazza. Giornata bella, con buone previsioni in quota anche per la successiva.
In valle, dopo Foppiano siamo entrati nella nuova galleria delle Casse che evita di percorrere i nove stretti tornanti omonimi, galleria che dopo tre km di percorso elicoidale, sbuca a Fondovalle superando un dislivello di 150 m. Il completamento di quest’opera è stato lungamente atteso , la sua realizzazione ha visto negli anni diverse fasi di arresto e riavvio dei lavori, ma il risultato finale è comunque una galleria ben riuscita, che si percorre in modo molto scorrevole, all'interno della quale sono stati realizzati impianti di illuminazione, di sicurezza e di aerazione all’avanguardia.
A Valdo di Formazza abbiamo anche visto l’ingente porzione di parete rocciosa franata la mattina dello scorso 19 aprile; un’immagine che lascia sgomenti, in forte contrasto con la bellezza del paesaggio che le sta attorno e che fa della Val Formazza uno dei luoghi naturalisticamente più incantevoli del territorio Ossolano.
Percorsi così una novantina di km da Verbania ci siamo ritrovati tutti al Lago di Morasco e ci siamo contati: eravamo in 39 appartenenti al CAI Verbano-Intra e ad altre Sezioni di città vicine. Controllati zaini ed attrezzatura, ramponi e piccozze, moschettoni e cordini, assegnate le corde di sicurezza ai responsabili di ogni cordata, abbiamo iniziato la salita verso il Lago del Sabbione diretti al rifugio Claudio e Bruno.
Subito il sentiero si alza in ripidi pendii erbosi costellati di stupendi fiori che hanno sedotto ed impegnato in riprese fotografiche non pochi di noi. Ancor prima di entrare nel vallone del Sabbione abbiamo incontrato alcuni nevai, testimoni delle abbondantissime nevicate di quest’inverno.
In poco più di due ore eravamo alla diga del lago, a 2500 m di altitudine, ricevuti da un po’ di vento freddo che ci ha costretti ad indossare un abbigliamento più adeguato. Dopo la piccola sosta via verso il rifugio. Dal muraglione della diga si vedevano nel lago ancora residui di blocchi di ghiaccio e neve, alcuni assomiglianti a piccoli iceberg.Costeggiato quasi interamente il lago, fatta la conoscenza di alcune marmotte e percorso nuovi nevai, un’ora più tardi siamo finalmente giunti alla nostra prima meta: il rifugio Claudio e Bruno, a 2700 m, una balconata sul lago del Sabbione, sul ghiacciaio che lo alimenta, su superbe montagne a 360° tra cui il traguardo dell’indomani, la Punta d’Arbola di 3235 m.
E’ un rifugio di proprietà dell'Operazione Mato Grosso (OMG), associazione volontaristica che utilizza i ricavi di gestione per finanziare progetti umanitari in America Latina, accoglientissimo, in muratura di pietrame e capace di 90 posti, per la sera e la notte interamente occupati da noi e da altri escursionisti. Il nome deriva da due volontari della OMG morti durante lo svolgimento di una missione in America Latina. I gestori, tutti volontari, si sono prodigati con gentilezza infinita e incredibile disponibilità per servirci un’apprezzata cena. Un po’ di chiacchiere ancora e tutti a nanna, la sveglia per l’indomani era fissata per le cinque. Ritornando all’ “incredibile disponibilità” l’indomani abbiamo saputo che alcuni di loro, per far posto a tutti gli escursionisti, hanno dormito alla meglio sulle panche del salone.
Domenica 12 luglio
Sveglia, lavata di faccia, colazione, nel frattempo i gestori hanno riempito le nostre borracce di tè bollente che avevano preparato in abbondanza; riorganizzati zaini e attrezzatura, calzati scarponi e ghette, salutati i volontari che non hanno mancato di raccomandarci prudenza e via, l’Arbola ci stava aspettando. Ore 6.15, giornata serena, un po’ di nuvole a nord sul vallone del Sabbione, non troppo freddo, quello sufficiente per farci svegliare completamente.
Dal rifugio siamo scesi per circa 200 m in direzione della parte finale del lago per poi risalire la morena terminale ed entrare nel grande ghiacciaio del Sabbione, a nord dell’Arbola. Calzati i ramponi ci siamo legati in cordate di quattro elementi nominativamente già predisposte dal responsabile dell’escursione.
Bella neve, ancora compatta e agevole. Tutto il tratto di ghiacciaio fino ai piedi dell’Arbola si alza più o meno gradualmente, mai troppo ripido e mai troppo faticoso e, con l’innevamento di quest’inverno, al momento in totale assenza di crepacci. Ad una sosta, ancora nella parte facile del ghiacciaio, non è mancata l’indispensabile “revisione” attrezzatura di Tino. Una cordata dopo l’altra ci siamo portati alla fine del ghiacciaio sotto la punta vera e propria per attaccare la parte più ripida della montagna. Alle 10 circa la prima cordata è arrivata in vetta ed a seguire tutte le altre, l’ultima verso le 10.30.
Complimenti vicendevoli e foto di rito agli amici e al paesaggio circostante. Il panorama dalla vetta è superbo, almeno quello che siamo riusciti a vedere: ad ovest la Binntal, verso nord-ovest l’Hohsandhorn o Punta Sabbione, il Corno Blinnen; lontana la piramide del Finsteraarhorn ed una miriade di altre vette. A nord-est, a destra del Lago del Sabbione, il Corno di Ban e le altre Punte di Ban che separano il vallone del Sabbione da quello di Nefelgiù. Verso est Vannino e verso sud Devero tutto coperto di nubi.
Ogni tanto qualche nuvola spinta dal vento arrivava a lambire anche noi.
Alle 11, dopo esserci riempiti gli occhi di vette e di panorami e lo stomaco con qualcosa di più concreto, prima che la neve si sfaldasse, a malincuore, abbiamo iniziato la discesa. Raggiunto il ghiacciaio sottostante, il cielo sopra di noi a tratti si velava, senza però portarsi al brutto. Alle 12.15 – 12.30 raggiungevamo la parte bassa del ghiacciaio a quota 2600 m dove ci siamo slegati, tolti ramponi e attrezzatura ed atteso gli ultimi in coda.
Riorganizzata l’intera comitiva, gambe in spalla, siamo ripartiti per Morasco, altri 800 m di dislivello più un po’ di su e giù, costeggiando il Lago del Sabbione dal ghiacciaio alla diga e prendendoci per alcuni minuti alcune gocce di pioggia rinfrescanti. Dalla diga siamo scesi nel vallone, chi su sentiero, chi divertendosi scivolando sui nevai: quasi tutta la parte centrale del vallone era ancora ricoperta di neve. Quindi la conclusiva ripida discesa sopra il Lago di Morasco, ancora qualche foto ai fiori stupendi che dipingevano i prati, una sosta al bar di Riale a fianco strada per dissetarci e per un’ultima festosa chiacchierata in compagnia e via, verso casa un gruppo dopo l’altro, con l’Arbola nel cuore.